SP089

   Le belle rose e i gigli e i freschi fiore

se rapresentan nel tuo viso adorno,

chereguardandopar che 'ntorno intorno

l'arie s'alegre e 'l ciel se ne inamore.


   Crescer nel cor d'amor sento gli ardore

quando la tua vaghecza a mirar torno;

per voi mancando vo di giorno in giorno,

tanto col vago remirar m'acore.


   O stelle accese nella fronte altera,

o specchio del mio coreo dolce riso,

con voi portate l'alma tutta entera.


   Io non serò giamai da voi diviso,

donna gintilela qualvivo o morto,

scolpita e pinta al cor sempre vi porto.


Testimoni:
g
       Bd, f. 141r-v;
       g2
              Cp392, f. 190r
              g3
                     Tou2102, f. 132r
                     V4784, f. 127r).

Alla luce di quanto osservato in Africa poi a proposito dell’art. masch. plur. ei, normale nella poesia umbra, il verso incipitario potrebbe leggersi con asindeto Le belle rose, ei gigli, ei freschi fiore, o con polisindeto e i, del tutto indifferentemente. Non mi pare davvero dirimente a favore della prima soluzione il fatto che g3 riduca ei g. in i g., perché la congiunzione si potrebbe d’altronde estrarre dal precedente rose > ros’ e. Propendo infatti per la seconda alternativa, quella polisindetica, che rende stringente il confronto con incipit petrarcheschi memorabili quali L’oro et le perle e i fior’ vermigli e i bianchi (Rvf 46) o l’omologo disperso L’oro e le perle e i bei fioretti e l’erba; ma la vera reminiscenza soggiacente è qui piuttosto un luogo della celebre canzone di Bartolomeo da Castel della Pieve, Cruda, selvaggia, vv. 44-48, «mira i tuoi biondi capigli, | le bianche rose e i freschi fiori e ’ gigli | che ’ntorno a’ tuo begli occhi | vernan, che par che fiocchi | del paradiso un ciel di nove stelle»... cui non mancano di aggiungersi altri echi nei versi successivi, v. 55: «or poi che ’l ciel per amor s’innamora» (4 «l’arie s’alegre e ’l ciel se ne inamore»)... v. 58: «O specchio de’ mortali, o vaga iddea» (10 «o specchio del mio core, o dolce riso»). L’epiteto «specchio del core», complessivamente inusuale, si ritrova in un’altra rima attribuita a Petrarca, Amore, or m’accogh’io di Lorenzo Moschi, v. 40, «Ahi! donna, del mio core specchio e luce». Meno frequente, e di nuovo con riscontro in una dispersa, è la iunctura «vago rimirar» di v. 8, in Gli antichi e bei pensier, v. 4. Al contrario, la non rara clausola «viso adorno» si trova più volte nel Petrarca ‘ufficiale’ – Rvf 85, v. 7; 122, v. 13; 251, v. 10 –, e fra queste è un contatto vistoso quello con Rvf 85, cui sono attinte tutte le parole-rima dalla sede B alla sede B, oltre appunto a adorno, giorno : torno : intorno (le stesse quattro anche in Rvf 157, sede A).
      Ancora a proposito di sedi rimiche, è adiafora l’opposizione fra Bd, con rima A in -ore (che risulta in una serie linguisticamente eccentrica: fiore plur.; inamore cong. 3a p. [Rohlfs §555]; ardore plur.; acore indic. 2a p. [Rohlfs §528]), e la parte destra dello stemma g2, che normalizza la sequenza in -ori. In simili casi si predilige sempre Bd, ma di per sé non sarebbe inverosimile che, a partire ad esempio da un passaggio fiori > fiore (plur.), il seguito della serie gli sia stato allineato. È tuttavia risolutivo che, nel verbo “allegrarsi” a v. 3, grammaticalmente equipollente a “innamorarsi” che segue e con esso coordinato, g3 legga, insieme a Bd, s’alegr-e, isolando Cp392 che converte tale forma in s’allegr-i: per “allegrarsi”, insomma, l’accordo promuove come genuina la forma congiuntivale arcaica in -e, che andrà perciò con ogni verosimiglianza assunta anche per l’equivalente e contiguo s’inamore, riconoscendo la rima in -ori quale innovazione. Il mutamento e > i in posizione atona finale si dimostra d’altronde pervasivo in Cp392, che, solo, legge a v. 9 stelle accese > accesi, v. 10 dolce riso > dolci; v. 13 donna gintile > gintili.
      Al v. 5 Tou2102 e V4784 recano core per cor, un’ipermetria solamente ‘grafica’ che, in quanto tale, non menziono in apparato, seppure caratteristica di un gruppo, g3.
      La frase relativa ai vv. 13-14 è costruita con pronome più sovrabbondante elemento anaforico, la quale ..... vi porto, secondo la strategia della proposizione relativa pleonastica su cui vd. Dardano (Sintassi, pp. 224-226, con ampia esemplificazione). Parimenti, non pone difficoltà l’oscillazione fra 2a p. sing.: v. 2: «tuo viso»; v. 6 «tua vaghecza», e 2a p. plur.: v. 7: «per voi»; v. 12: «da voi»; v. 14: «vi porto», consueta in poesia lirica (mentre è un caso distinto v. 11, «con voi», che a rigore potrebbe regolarmente avere per co-referente plurale «stelle... specchio... riso» dei vv. 9-10).
      Mi sembra deteriore, tanto più se confrontata con il luogo parallelo di Cruda, selvaggia qui messo in luce, la singolare scelta operata da Solerti al v. 2, sì rapresentan in luogo di se r., tesa evidentemente a applicare alla consecutiva un costrutto correlativo (sì... che...), in realtà del tutto non necessario, e legittimo d’altronde solo a partire dalla lezione di Cp392 (si r.; gli altri se r.). È invece una sua tipica ‘licenza’, senza riscontro nei manoscritti, la variante scolpita o pinta al v. 14 invece di s. e p.
1 : 4: 5 : 8 -ore] -ori g2 1 e i gigli] igigli (e om.) g3
2 se] si Cp392 ~ rapresentan] rapresentan/o/ Cp392 rapresenta Tou2102
4 l’arie] laer g2 ~ e ’l] il Tou2102 ~ se ne inamore] sin namori Tou2102
5 nel cor d’amor] damor nel cor Cp392
6 vaghecza] uegheçça Cp392
8 col] con Tou2102
9 accese] accesi Cp392
10 dolce] dolci Cp392
11 entera] interra V4784
12 giamai da voi] da uoi giamai Cp392
13 gintile] gintili Cp392 ~ o] et Tou2102
14 vi] ti Cp392