SP128

   Quella fiamma d'amor che mi consuma,

losinga e sugae despiacendo piace,

da l'una parte dentro al cor se giace,

vagheggiando 'l piacer che più m'aluma;


   da l'altra parte un turbo et una bruma

aspera tal che me tien senza pace,

dicendo Amorta l'amorosa face

che nel curso d'infamia te 'nvoluma


   E quando sono a la vergogna vòlto,

e per sete d'onor voi' devestirme
del vetato disio che m'à  involto,

   sento la possa tôrme e quel desdirme

dal compreso piacer di bianchi fiore,
che non sa consentir ch'io desnamore.


Testimoni:
g
      Bd, f. 142r
      g2
            Cp392, f. 192r
            g3 (Tou2102, f. 133v-134r; V4784, f. 128v-129r).

Bibliografia: Solerti, Disperse, pp. 195-96; Vattasso, Cod. petr. Vat., p. 189; Vattasso, Otto sonetti, p. VIII.

Schema metrico: Sonetto ABBA ABBA CDC DEE
      È una psicomachia fra voluntates in conflitto in cui si riconosce il corso di Rvf 264, vv. 19-108, con alcuni non sempre generici richiami: v. 1 Quella fiamma d’amor che mi consuma ~ e ’l lume de’ begli occhi che mi strugge; v. 5 da l’altra parte un turbo et una bruma ~ v. 55 da l’altra parte un pensier dolce et agro; v. 2 despiacendo piace ~ vv. 55-56 dolce et agro | con faticosa et dilectevol salma; v. 8 nel curso d’infamia ~ v. 22 con quanto tuo disnore; v. 9 quando sono a la vergogna vòlto ~ vv. 86-87 che non togli | omai dal vólto mio questa vergogna?; vv. 9-10 voi’ devestirme | del vetato disio ~ vv. 24-25 divelli ogni radice | del piacer; v. 12 sento la possa tôrme e quel desdirme ~ vv. 79-80 mi ritien con un freno | contra cui nullo ingegno o forza valme. Ma la peculiare immagine della fiamma d’amore che asciuga le vene e il cuore è propria di Rvf 202, vv. 2-3.
      Le poche e modeste asperità sono piuttosto esegetiche che propriamente testuali. È evidente infatti che l’apparente frase nominale della seconda quartina non è tale se si considera riferito anche a essa e sottinteso il verbo se giace del v. 3 (“Quella fiamma d’amor [...] da l’una parte dentro al cor se giace [...]; da l’altra parte (se giace) un turbo et una bruma”). Si presta perciò a qualche ambiguità il solo terzetto finale: così come il testo è tradito, la costruzione sento la possa tôrme e quel desdirme | dal compreso piacer non può che essere un’infinitiva con complemento d’agente come soggetto logico: “sento il compreso piacer togliermi la forza e impedirmi quel (“ciò”, ossia l’appena menzionato devestirme | del vetato disio)”, come in questo doppio esempio da Boccaccio, Rime, XV [XLIX], vv. 10-13, «dov’io sento dal voler chiamarmi | dietro a’ begli occhi e falsi di costei, || presto vi corro e da nuove catene | legar mi veggio». Il compreso piacer di bianchi fiore che costringe l’io a un’indissolubile fedeltà amorosa andrebbe allora inteso come un non elegante iperbato, da parafrasare come il piacer (“la bellezza”) compreso di (“composto da, pieno di”, come in TLIO comprendere sign. 1.2; mentre non convincente perché tautologico compreso quale “percepito coi sensi”, TLIO sign. 3) bianchi fiori (“candore dell’incarnato”, e questo pare immune da ogni dubbio). Se tuttavia si considera fino a che punto preso e compreso siano tipici stilemi del lessico amoroso (TLIO comprendere sign. 1.4.3 e compreso sign. 3), sarà difficile non cedere alla tentazione di assegnarvi tale accezione (“catturato, dominato dalla passione”); ma in tal caso si imporrebbe il sospetto di un’erronea inversione d’ordine dal compreso piacer < compreso dal piacer, e quest’ultima – che ci si limita a suggerire – permetterebbe una più lineare interpretazione “sento mancarmi la forza e precludermi il mio proposito, vinto dalla bellezza candida che mi rende impossibile rinunciare al suo amore”.
      Tre delle parole-rima della sede A, consuma : alluma : bruma, sono prelevate da A di Rvf 185, dove è piuma a completare la serie, mentre qui, con uno slancio imitativo che sembra voler sfidare il modello, la più ricercata ’nvoluma, una delle due sole occorrenze del lemma involumare nei repertori (l’altra, sicuramente successiva perché del 1399, è nei Quatro Evangelii di Jacopo Gradenigo, c. 38 v. 105, ancora in rima con consuma e aluma). È attestazione unica nel corpus OVI anche dis(in)namorare al v. 14, e i due casi insieme testimoniano di un qualche sperimentalismo lessicale del presente sonetto.
      Le lezioni della sola ed. Solerti fuga per suga al v. 2 e sino per sono al v. 9 sono a tal punto ingiustificate, che in entrambi i casi si dovrà pensare piuttosto a refusi tipografici che non a gratuiti interventi.
2 suga] s/ci/uga Tou2102
5 turbo et] turbido
6 aspera] aspra (-1) Tou2102
9 volto] uolta Cp392
10 voi’] uo g2 10: 12 -irme] -irmi Cp392
13-14 -ore : -ore] -ori : -ori Cp392 -ori -ore g3 14 desnamore] di samori Cp392