R142 [Sol. CXXXIX – A26**]

   Se io credéseAmorche in costei

virtute o séno o sentimento fose,

el fuoco che mi cuoce e che mi còse,

come tu ài voluto e vo'per lei,


   credo con pacïenza soferei

drieto al dificio ch'amarla mi mose,

benché zener già sia le polpe e l'òse,

e lo spirito manchi a' sospir mei.


   Ma perch'io vegio suo baso inteleto

nula sentir che ladevole sia,

contra mia voglia a te sono sugeto;


   e poisdegnosopiango il mio difeto,

che la fe' dòna de l'anima mia,

del qual giamai no spero aver dileto.


Testimoni:
Ox6, f. 103r; R103, f. 46r: Soneto di mess(er) franciescho

Bibliografia: Solerti, Disperse, p. 202; Massèra, Rime, pp. CXL, 212-13; Branca, Rime1, p. 354; Bianchi, Petrarca, p. 80; Lanza, Rime, p. 327.

Schema metrico: Sonetto ABBA ABBA CDE CDE

Assumiamo a testo per coerenza la lezione di R103 al v. 8 rispetto a quella alternativa testimoniata da Ox6, e lo vedere manchi agli ochi mei, solo intervenendo con Massèra sulla congiunzione esospir in luogo della preposizione a’ (si veda nello stesso codice lo scambio di e per a anche al v. 11, accolto da Branca), interpretando spirito nel suo significato primario di ‘alito, fiato’ e il verso ‘manca il fiato ai miei sospiri’ (Salvatore): cfr. Bartolomeo da Capua, «L’umor degli occhi e ’l fiato ai sospir chete» (Corpus TLIO). Ci distacchiamo dai precedenti editori restando con R103 al v. 14 del qual giamai (Ox6 dela qual mai), riferito non a 13 donna bensì al più distante 12 difeto, attribuendogli valore di agente, ‘dal quale difetto’, o causale, ‘a causa del quale difetto’ ecc. (già il Massèra era rimasto con R103 per 11 a te contro Ox6 a lei accolto da Solerti, con ripresa del discorso diretto ad Amore dell’incipit). Con Branca (a partire da Rime2, dopo i dubbi espressi dal Bianchi) seguo R103 anche al verso iniziale, «Se io credése, Amor, che in costei» contro Ox6 Amore, preferito dal Massèra «per evitare uno iato troppo forte» (Solerti addirittura S’io mi credessi, Amore…), con dialefe dopo che che, stando a Menichetti Prosodia p. 365, potrebbe essere un indizio a favore del Boccaccio della cui versificazione è un tratto tipico, e all’ultimo verso con dileto in rima, Ox6 baillia, anche quest’ultima lezione accolta dal Massèra («così il senso come la necessità di un’altra rima in -ia consigliano la lezione di O1 [Ox6]»), sennonché lo schema delle terzine CDC CDD, che se ne ricaverebbe, non è certo più diffuso dell’altro presentato dal codice concorrente CDC CDC (ambedue sono censiti da Biadene Morfologia pp. 36-38 come sonetti con ordine delle rime nei terzetti diversi dai due fondamentali ma non irregolari, tuttavia per il primo richiama esempi solo da Cavalcanti, Antonio da Ferrara e nei Poeti perugini, per l’altro un gran numero d’autori e soprattutto, con dieci casi, Petrarca). Altra dialefe al v. 4 tra tu e ài.
1 amor] amore Ox6
2 sentimento] setimento R103
5 soferei] sofrerei Ox6, fo ferei R103
6 drieto] drito Ox6
7 benché zener] benchauer R103 ~ già sia le polpe e l'òse] sia gia polpe et osse Ox6
8 elo uedere manchi agliochi mei Ox6 ~ a'] e R103
10 nula] niente Ox6
11 a te sono sugeto] e te sugeto sono R103, son a lei sugeto Ox6
12 poi sdegnoso] disdegnoso Ox6
14 del qual giamai] delaqual mai Ox6 ~ dileto] baillia Ox6