R152 [Sol. CXV – A27**]

   Perché ver' me pur dispermenti invano,

Amorche più de' tuoi esser no deggio,

altro mar ti convienealtro pilegio

circar che 'l mioda te fàto  strano.


   Ben puo' vedere ch'io son fàto sano,

 tua mercé più no disio  chiegio:

e quanto più ti sforzi a farmi pegio,

tanto da te più mi truovo lontano.


   Spenta è la fiama che m'acese e arse,

fugiti sono i mia giovini àni

e tu co' modi tuo m'à' fàto sagio.


   Dunche le tue saeteinvano sparse,

ricogli omai e servati l'ingani

ad ucel nuovoch'io provati l'agio.


Testimoni:
Ox6, f. 101v; R103, f. 48v: Soneto di mess(er) franciescho

Bibliografia: Solerti, Disperse, p. 184; Massèra, Rime, pp. CXXXI, 214; Proto [Recens. Massèra], p. 114; Branca, Rime1, p. 354; Bianchi, Petrarca, p. 81; Lanza, Rime, pp. 158-159; Leporatti, Sonetti attribuibili, pp. 214-215; Proto [Recens. Solerti], p. 35; Bilancioni, Dieci sonetti, p. 12.

Schema metrico: Sonetto ABBA ABBA CDE CDEcon rima B imperfetta al v. 2 per diversa resa grafica della consonante doppia

Errori di R103 ai vv. 7 «né quanto più ti sforzi» («e quanto più te forçi»), 9 «Spente(«Spenta è») e 13 serva a ti («servati [serbate Ox65] gli inganni | ad ucel nuovo»), corretto da Bilancioni e Solerti in serva i tuoi inganni ecc.; di Ox6 al v. 14 unçel (ucel). Massèra e gli editori successivi (Marti con riserva) hanno restaurato al v. 1 la lezione dispermenti dei testimoni, hapax stando all’OVI ma ammissibile per analogia con forme come dispargere, disperdere ecc., corretto da Solerti in ti spermenti, forma riflessiva ben attestata, più volte per esempio nel Libro di varie storie del Pucci. Il testo qui proposto non differisce nella sostanza da quello restituito da Massèra e Branca, salvo nella punteggiatura dei primi versi. I precedenti editori hanno infatti interpretato il perché iniziale come interrogativo e hanno messo un punto di domanda alla fine del v. 2 (tutti salvo Solerti attribuendo valore causale al che: ché più de’ tuoi ecc.). Propongo d’interpretare la congiunzione iniziale come causale e il che del v. 2 come congiunzione consecutiva o finale, ciò che permette di legare l’intera quartina in un unico giro sintattico: ‘Poiché, Amore, continui a esercitarti vanamente contro di me, in modo che non devo più essere dei tuoi, ti conviene cercare altro mare, altra rotta’ ecc. Mi discosto da R103 al v. 5 veder ipom. (Ox6 vedere), conservato da Branca in Rime3 con conseguente lettura dieretica di ïo. Varianti adiafore di Ox6: 4 è sì (è om. in R103), lezione seguita da Solerti ma invertendo i lemmi («Cercar, chè ’l mio da te fatto si è strano»); 8 «tanto da te più me trovi lontano» (truovo); 10 «fugiti son gli mie più gioveni anni» (sono i mia) ; 11 con (co’). Al v. 11 conservo, come già Branca Rime3, tuo invariabile (gli altri editori tuo’).
4 sì] esi Ox6
5 vedere] ueder R1103 6 né] e Ox6
7 sforzi a] forçi in Ox6
8 truovo] troui Ox6
9 Spenta è] Spente e R1103 – e] et Ox6
10 sono i mia] son gli mie più Ox6
11 co’] con Ox6
13 servati] serva ati R1103, serbate Ox6
14 ucel] unçel Ox6 - provati] prouato Ox6, prouati con trattino di compendio sotto la p R1103