R316 [Sol. CCV – A15**]

   S'i' avesi  mano gli capegli avolti

di tech'à' lo mio cuor per mezo aperto,

prima ch'i' gli lasciasi vedria certo

pianger quegli occhi che d'Amor son volti.


   E poscia ch'io n'avesi tanti tolti,

ch'a me 'l tu' pianto fóse discoperto,

morte vorei da le tua manper certo,

no li avendo però da mano svolti.


   Po' voria che con tüa mano aprìsi

el fredo cuoreove Amor con suo strale

la tüa vera imagine confisi.


   Verieti pur pietà di tanto male,

e crederesti quel che già ti disi,

e' l core afritto e l'angoscia mortale.


Testimoni:
q (Capp183, f. 2v; R103, f. 89v: Soneto di mess(er) franciescho), aa (Hl521, f. 65r: p(er) eundem [Joannis peregrini ferrariensis f. 60v], f. 65r; Ud, f. 258r-v)

Bibliografia: Solerti, Disperse, pp. 252-253; Massèra, Rime, pp. CXXXVIII, ; Lanza, Rime, p. 324; Proto [Recens. Solerti], p. 37; Esposito, Canzoniere, pp. 104-105.

Schema metrico: ABBA ABBA CDC DCD

Il testo è presente fra rime del Petrarca nei codici Capp183 e R103, e in due codici di mano di Felice Feliciano nel canzoniere di Giovanni Pellegrino da Ferrara in Hl521 Ud. Un suo rifacimento si trova invece nel canzoniere di Domizio Brocardo, nei codici che lo testimoniano al completo T1018 Par1084 Si15 Ps666 o in modo parziale Pd541 e in altri (Cfr. Esposito Canzoniere, pp. 19, 20-21, 23). Al v. 11, a meno che non si voglia ammettere poligenesi, un errore congiunge Capp183 e R103 in q: «Po’ voria che con tüa mano aprìsi | el freddo cuore, ove Amor con sua strale ( sua mano Capp183) | la mi(a) vera imagine confisi» (in realtà R103 confesi : -isi, Capp183 conquise), al posto di tua per suggestione del topos dell’immagine della donna scolpita da Amore nel cuore dell’amante (un’altra possibilità sarebbe quella di supporre a monte un vostra da una forma con compendio ura, ma tutto il sonetto, che rappresenta una situazione di audace sadismo erotico, è impostato su un’aggressiva seconda persona, a cominciare dall’efficace enjambement iniziale «S’i’ avessi i·mano gli capegli avolti | di te, ch’à’ lo mio cuor per mezo aperto»). L’intervento è già dei precedenti editori Solerti, Massèra, Branca che anche neutralizzano la dieresi d’eccezione su tua conservando il primo la superflua congiunzione iniziale di R103 «E la mia vera», gli altri mutando vera in verace. È significativo che in questo punto i codici Hl521 Ud (aa) abbiano una lezione diversa che non dà senso: «vnde Amor con suo stralj / Il forte ymaginar ch(e) già conflessi». Potrebbe essere un tentativo di rimediare una lezione già guasta da attribuire in tal caso a un archetipo. Si tenga conto che anche ai vv. 5-6 «E poscia ch’io n’avesi [i capelli] tanti tolti, | ch’a me ’l tu’ pianto fóse discoperto», aa offre una lezione incongrua, «poi ch(e) mi (g)li hauesse tanto colti [verso che già può far supporre un fraintendimento, quasi che i capelli fossero svelti al poeta e non alla donna] | Che lo tuo amore a me fose scoperto»: non è qui che può manifestarsi l’amore della donna, perché solo alla fine del processo, dopo la lotta furibonda e l’apertura del cuore dell’amante, ossia con la sua morte, l’amata mostrerà pietà e crederà tardivamente alle afflizioni confessate nei versi.
Dato il gran numero di divergenze fra Capp183 e aa in lezioni individuali, si può attribuire a poligenesi il loro accordo contro R103 al v. 1, dove in luogo della lezione S’i’ avessi i·mano gli capegli avolti i codici seriori propongono la soluzione più fluida e petrarchesca S’i’ avessi li capelli in mano avolti (che tuttavia accentua l’iperbato capelli ... | di te), e al v. 8 R103 svolti, Capp183 scolti, aa sciolti. Per quanto riguarda invece la rielaborazione del Brocardo, ne riporto qui di seguito il testo secondo la recente edizione di Davide Esposito, evidenziando come lì in corsivo i punti di contatto con la lezione di R103 e affini (del resto anch’essa, come si è appena visto, già particolarmente dinamica nelle sue varie testimonianze).

   S’io avesse avolte in man le treze d’oro
di te, che hai la mia vita posta in bando,
farei il bel viso, gli occhi lacrimando,
aver pietà di me quando m’acoro. 4
   Poscia ch’io avesse tolto alcun de loro,
non le mie man però da lor lassando,
morte vorrei, quei begli occhi mirando,
con le tuoe mani, o mio nobel tesoro. 8
   Doppo vorei che fuor del petto mio
traesti con toa mano il freddo core,
ove Amor mi mandò il colpo mortale. 11
   Pur crederesti quel che già dissi io,
l’angosse, el cor aflitto, el gran dolore,
e verìate pietà di tanto male. 14

Brocardo ha riformulato lo stesso testo cambiando le rime nelle quartine, dalle petrose -olti -erto (con conseguente possibilità di arretrare all’interno del verso il dantesco 1 avolti e di eliminare la rima identica 3 7 certo) alle petrachesche -oro -ando, e conservandone una ma modificando lo schema da due a tre rime nelle terzine: da -isi -ale a -io -ore -ale (si osservi che ai vv. 9-11 la serrata sequenza di R103 e affini ‘mano che entra nel petto-strale che trafigge il cuore-immagine dell’amata scolpita nel cuore dell’amante’ è privata in Brocardo proprio del terzo elemento dove si sospetta un guasto d’archetipo: «Doppo vorei che fuor del petto mio / traesti [ma non sarà traessi?] con toa mano il freddo core, | ove Amor mi mandò il colpo mortale»). Esposito nella sua edizione a proposito del Brocardo, dopo aver osservato che la paternità del testo è ancora sub iudice data la contrastante attribuzione a Petrarca di R103 e implicitamente di Capp183 e a Giovanni Pellegrini di aa, conclude che non è dato sapere se «sia in realtà semplicemente una rielaborazione del componimento di Domizio, non sappiamo da chi svolta, o una sua redazione precedente». Non è questa la sede per un’analisi puntuale dei rapporti tra le diverse ‘redazioni’ del sonetto da una parte di R103 Capp183 aa e dall’altra dei testimoni del canzoniere del Brocardo, ma è significativo che vi si osservino solo casi di affinità tra questi e il Riccardiano (secondo lo schema, per intendersi, R103 = Codd. Brocardo ≠ Capp183 aa) e mai il contrario. Si prenda per esempio il v. 5: R103 «E poscia ch’io n’avessi tanti tolti» codd. Brocardo «Poscia ch’io avesse tolto alcun de loro» contro Capp183 «poi chio nauesse alquanti di lor t.» aa «E poi ch(e) mi (g)li hauesse tanto colti» (e vedi anche dettagli come v. 2 R103 ch’à’, codd. Brocardo che hai, aa che m’hai, Capp183 di quella; v. 14 R103 Capp183 codd. Brocardo (i)l core aflitto, aa l’aflicto cuor). Questo dimostra, credo a sufficienza, che in tutti questi movimenti R103, che non si dimentichi è anche il codice più antico, resta il comun denominatore e per questo vi si può riconoscere il testimone più prossimo al testo di partenza.
1 S’] om. Cap183 ~ i·mano gli capegli] (g)li (e Cap183) capegli in mano Cap183 aa
2 Di te, ch’à’ lo mio cuor] Diquella chea mio core Cap183, Di te (tu Ud10) ch(e) mhai locuor aa ~
3 prima ch’i’ gli lasciasi] Pria ch(e)i (ch(e)l Ud10) lassasse uederia aa ~ vedria] iuedria R103 ~ certo] per certo (/per/ Cap183) Cap183 aa
5 E poscia ch’io n’avesi tanti tolti] Poi (E om.) chio nauessi alquanti di lor t. (di lor agg. in interl.) Cap183, E poi ch(e) mi(g)li hauesse tanto colti aa
6 Ch(e) lo tuo amor(e) ame aa ~ tu’ pianto] pianto tuo Cap183 ~ discoperto] scoperto Cap183 aa
7 da le tua man] dalla tuo uita Cap183
8 no li avendo] Non auendoli Cap183 ~ da mano svolti] dalla mam scolti Cap183, da mee (mie Ud10) man sciolti aa
9 Po’ voria] Possa uoria aa
10 ove Amor] doue amore Cap183, vnde amor aa ~ suo strale] /la/ suo mano Cap183, suo stralj aa, sua s. R103
11 la (ela R103) mia uera imagine chonfesi (conquise Cap183) Cap183 R103 (cfr. q), Il forte ymaginar ch(e) gia conflessi aa
12 Verieti pur] Deabbiate Cap183, Verebbete (Verebite Ud10) aa ~ pur] p con asta tagliata come per l’abbraviazione di ‘per’ R103
13 quel che già] gia quel chio Cap183 ~ ti] ui R103
14 e ’l] Del Cap183 ~ core afritto] laflicto cuor aa, chora a. R103 ~ e l’angoscia] che langue (e finale su altre lettere erase) Cap183