*05 [Federigo di Geri d'Arezzo]

   Solosolettoma non di pensieri,

vo misurando spesso una campagna,

e veggio i pratii boschi e la montagna

d'erbe e di fior vestito ogni sentieri;       coperto d'un bel verde


   odo gli uccei cantar  volentieri

per la dolce stagion che li accompagna;
tutti animali a l'amorosa ragna

s'invescan vaghimansueti e feri.


   Ma per melassoè la stagion fuggita,
privo del lume di quegli occhi belli 
che tenean verde in me 'l dolce disio;

   e solo Amor a lagrimar me invita

membrando il viso e gli atti e i d'or capelli

che fortuna m'asconde e 'l destin mio.


Testimoni:
Bo177, ff. 230v-231r: Federico di M(esser) Geri; C4, f. 367v: Sonetto del medes(imo) [Marchionne Torrigiani]; Capp183, f. 2r; LR2, f. 139r: Sonetto di Marchion(n)e detto [Marchionne di Matteo Arrighi]; Pr1, ff. 13v-14r; R939, f. 101v; v (va: va1: Vc1010, f. 72r; Ox6, f. 72r; va2: Vc1494, f. 52v; Est2, f. 90v; Ox69, f. 106r; vb: vb1 Wo, f. 26r; Bo1, f. 75r; Mc283, ff. 24v-25r; vb2 Mc1, f. 131v; Mc2, f. 72r; Vb359, f. 28r).

Bibliografia: Solerti, Disperse, p. 204; Crescimbeni, Comentarj, pp. IV, 157; Sagredo, Sonetti inediti, p. 29; Ferrato, Raccolta di rime, p. 19; Pasqualigo, Trionfi, p. 28; Sapegno, Poeti minori, p. 475; Vecchi Galli, Per una stilistica, p. 118; Limongelli, Poesie volgari, pp. 328-35; Carducci, Rime di Cino da Pistoia, p. 43.

La conferma di v si ha nella coincidenza di tutti i testimoni che afferiscono al gruppo nello scambio dell’ordine dei versi delle terzine: nel confronto con tutti gli altri manoscritti questi si presentano nel sestetto così: 12 10 11 13 9 14, con qualche affanno nel senso. In più casi si ripropongono invece i sottogruppi di secondo livello (in particolare s’individua in più occasioni va1): si segnala un problema che coinvolge v al v. 11 (nella nostra edizione: «che tenean verde in me ᾿l dolce disio»), pur con esiti diversificati in differenti gradi di fraintendimento: va2 ad es. intuisce la voce verde ma adatta il resto a una forzosa coordinazione (tenean verde me e᾿l dolce desio), più elaborata la lezione di va1 e di vb nella scomposizione ver' di me (che tenea ver' di me); ma circola sempre all’interno di v anche la forma risolutoria, come in Bo1 (tenean verde in me), approssimata da Mc2 (che tenean verde il mio dolce d.), e riportata a margine in Mc1. Anche altri testimoni arrancano (come Pr1 R939 Capp183) mentre non c’è difficoltà a ricostruire il verso in base alla concordia di Bo177, Bo1 e, nella sostanza a parte la voce verbale tenne, di LR2, col supporto della libera costruzione di C4 (che verde tiene in me). Al v. 5 vb si individua per la sostituzione della voce verbale odo con la congiunzione e, mentre i due sottogruppi reagiscono però diversamente per il sostantivo augelletti / augelli. Del resto in tutta la tradizione si avverte il problema della misura del verso: all’eccedenza ci si rassegna (LR2 Pr1) o si interviene sull’articolo (va) o, indipendentemente, sul rafforzativo dell’avverbio (Bo1 R939 Capp183), si deve quindi pensare a un’instabilità poligenetica in presenza della soluzione, la forma ‘poetica’ uccei sulla base di Bo177 e di C4. Non si danno altri apparentamenti di base: non è significativa la ripetizione della parola in rima campagna ai vv. 2 e 3 di Pr1 e R939, corretta nel primo da mano più tarda, facile errore indipendente come dimostra l’iterazione contraria, quella di montagna al v. 2, in C4 poi risolta dallo stesso copista. Al v. 13 non si riesce a dare una giustificazione che riporti ad unum le letture di Bo177 (m. il viso dolce e i d’or capelli), C4 (m. il viso e suoi biondi capelli) e R939 (rimembrando il viso e d’oro i capelli), tutte omissive di gli atti: non soddisfa, ma è quanto si presenta, congetturare una resistenza individuale alla dittologia il viso e gli atti, affermata (anche in Rvf 388,5) ma con diffusione seletta, o supporre un rimedio, chirurgico piuttosto che compensativo, all’effetto scazonte del verso come suona nella totalità degli altri testimoni membrando il viso e gli atti e d’or capelli (con deviazione di va1 e lor capelli) per l’asimmetrica mancanza dell’articolo all’ultimo membro dell’elenco, sanata (motu proprio?) da Bo177. La funzione attributiva di d’or è sostenuta da un verso petrarchesco Rvf 29, 3 né d’or capelli in bionda treccia attorse, dove però non è richiesta alcuna determinazione, invece necessaria nel nostro caso seriale, dove la presenza dell’articolo potrebbe al limite essere criptica a seguito di assimilazione: e ’ d’or capelli. Per le due varianti adiafore che si fronteggiano al v. 4 il discernimento dovrebbe essere affidato al criterio maggioritario, l’unico possibile ma decisamente grosso in una situazione ecdotica arruffata com’è quella del nostro testo. Le lezioni sono: di Bo177 e di LR2 e C4 (questi si sanno collaterali riconosciuti) coperto (coperti LR2) di (d’un C4 LR2) bel verde ogni sentieri vs d’erbe e di fior vestito ogni sentieri degli altri manoscritti, che vuol dire v al completo ma anche gli ‘indipendenti’ Capp183, Pr1, R939. Non si può ignorare che qui si associano, come al v. 13 si accostavano, le testimonianze di Bo177 e di C4, ma non pare possibile stabilire una dialettica ecdotica tra i due casi; merita invece considerare le proposte: la soluzione ‘analitica’ della seconda è normalizzata sui richiami petrarcheschi, nel ricorso frequente nei Rvf della coppia erbe e fior, presente anche il verbo ‘vestire’, detto dell’erba a 127, 20 e 270, 67; per l’altra lezione un’immagine affine si ha in Fazio degli Uberti «e son coperti i poggi, ove ch’io guati, d’un verde… » (I’ guardo in fra l’erbett’e per li prati, 5-6) ma si deve richiamare l’occorrenza ‘mediatrice’ di Dante «…che riscalda i colli / e che li fa tornar di bianco in verde / perché li copre di fioretti e d’erba» (Al poco giorno ed al gran cerchio d’ombra, 10-12). Gli argomenti di vicinanza o di distinzione a/dal modello non sono determinanti per una scelta qualitativa, nemmeno i primi se per gli altri testi (in particolare In ira al cielo…) dove è stato possibile dare un disegno, o un abbozzo, dei rapporti stemmatici, si è visto come proprio l’attrattività del testo autorevole agisca come motore di innovazione. Certo che il testimoniale non è equipollente, ma in assenza di un quadro razionale dei rapporti tra i manoscritti si deve riconoscere all’alternativa di Bo177 e LR2 C4 la rilevanza che deriva da soggetti indipendenti non relegandola quindi nell’apparato negativo, senza per questo inferire una qualifica di variante d’autore. Si può invece scegliere tra l’alternanza la / una campagna, l’opzione per una ha dalla sua la maggioranza, la, che è in Bo177 e in va, suona come variatio rispetto all’articolo del verso seguente, ma il motivo è comunque fragile: mi pare invece che, avendo il poeta in traslucido i campi petrarcheschi, avvertisse nella voce campagna, utilizzata per distinguersi, un’indicazione spaziale troppo ampia, meglio definita da una, intendendo come ‘una precisa, solo quella’.
La paternità di Federico, attestata da Bo177 – ne deriva la citazione di Federico di Geri il Barbieri (Origine poesia rimata, p. 166), che riporta i primi due versi del sonetto – è contesa da quella di Marchionne di Matteo Arrighi di LR2 e di Marchionne Torrigiani nel Chigiano (C4). A proposito di quest’ultima è netto il giudizio di Barbi (Studi sul canzoniere di Dante, pp. 487-88) che la pone tra le «attribuzioni false e strane» del codice, nello specifico tentativo maldestro di completare l’indicazione isolata del nome Marchionne (in altra parte per un altro testo il nome in rubrica di C4 è Marchionne Marchionni); a queste si aggiungerebbero le devianze degli «eruditi poco esperti e faciloni che di quel ms. si servirono», e resta agli atti la ‘scomunica’ del testimone: «Si può dire che la testimonianza del codice Chigiano sia stata una delle cause più potenti a turbare la tradizione diplomatica delle antiche rime italiane, portando in essa nomi nuovi non rispondenti…», tuttavia il filologo sta parlando dell’ordinamento e delle rubriche non del portato testuale. Il Chigiano è stato oggetto di una relativa ‘riabilitazione da parte di Claudio Giunta (Rime Alberto degli Albizzi, pp. 366-67). La testimonianza di LR2 è invece fondamentale per i sonetti del figlio di Matteo Arrighi – undici ai ff. 138v-139v, più un testo isolato a f. 143v – per lo più di carattere comico sentenzioso; tra questi Solo soletto, quarto della serie, fa macchia per la materia amorosa e per lo stigma petrarchesco. Se è vero che un esercizio poetico su un esempio affermato non si può aprioristicamente rifiutare a nessuno, l’attribuzione a Federico di Geri, giustificata dal tema e non contraddittoria nello stile – di poco peso la diversità dello schema metrico ugualmente comune e fra l’altro petrarchesco e in particolare quello di Rvf 35 – si presenta quale alternativa possibile, per quanto con un inferiore grado di attendibilità rispetto alle due rime precedenti per la minore pregnanza documentaria dell’attribuzione unica e contraddetta. Il sonetto è stato pubblicato con ampio commento da Limongelli (Poesie volgari, pp. 328-35). Lo studioso discute alla luce di verifiche documentarie le divergenze attributive tra il Chigiano e il Laurenziano (pp. 252-56), per quanto riguarda Francesco di Geri ritiene «più probabile» la sua paternità di Solo, soletto anche per ragioni di affinità stilistica con gli altri due sonetti riferiti all’aretino.
Dopo i due versi incipitari che si rifanno esplicitamente Rvf 35, con la variazione nel primo per cui si smarca l’autore dal calco che ci riserva invece col vo misurando di v. 2, il sonetto vira verso un altro modello affrontando il topos del tempo primaverile vissuto per contrasto da chi soffre di pena amorosa. Il richiamo diretto all’interno del Canzoniere è Rvf 310, Zephiro torna, e ’l bel tempo rimena di cui viene ripresa la formula di passaggio alle terzine Ma per me, lasso, anche se qui la semplificazione strutturale porta a distinguere nettamente le parti del sonetto: quella descrittiva allogata nelle quartine, e quella lirica nei terzetti. Gli elementi naturali sono ripartiti, in un pedantesco ritorno all’ordine, tra il mondo vegetale e l’animale, con il tema riguardo a quest’ultimo del risveglio all’amore al v. 7-8, come in Rvf 310, ogni animal d’amar si riconsiglia, in identica posizione alla fine delle quartine; così al v. 13 la parola atti rinvia a atti soavi in punta dello stesso verso di Zephiro torna. Al di là delle tessere lessicali e stilematiche (di riconoscimento immediato: lume di quegli occhi belli, dolce desio, d’or detto dei capelli, il verbo ‘inveschiare’) l’autorità fornisce la formula per esprimere in modo non banale il nutrimento d’amore al v. 11 che tenean verde in me ᾿l dolce disio rifatto su Rvf 270, 66 tenea in me verde l’amorosa voglia (ma disiri è presente in altro luogo petrarchesco dove è in uso la stessa metafora 158, 4 per far sempre mai verdi i miei desiri 158, 4). Non manca una citazione dantesca, assolutamente memorabile, da Inf. VI 59 a lagrimar mi ᾿nvita, ma più sottile il richiamo di l’amorosa ragna a le ragne di Amor al v. 23 di Io son venuto al punto della rota.
Si osserva anche qui la tolleranza o forse l’intenzionalità di una ripetizione, quella di stagion ai vv. 6 e 9. Per la lingua: sentieri ammesso in rima è un singolare (per qualcuno dei manoscritti ostico) come i tutti i nomi in -ieri nel toscano non fiorentino (Castellani, Grammatica storica, p. 313; Serianni, Dialetto aretino, p. 127). A seguito degli argomenti sopra esposti affianco al v. 4 le due lezioni, distinguendo in grassetto i riferimenti in apparato di quella della seconda colonna.
1 ma non] pieno di Bo177 ~ di] dai Bo1
2 vo] von Wo Mc283 Vb359 ~ misurando] vicitando R939 ~ una] la Bo177 va1 Ox 69 ~ campagna] montagna + marg. (t) C4
3 E] I(o) Capp183 va1 om. R939 ~ i prati, i boschi] i p. i poggi Bo177 i p. i colli C4 (e cholli) LR2 eboschi e prati Capp183 Pr1 ~ i boschi] e j b. Mc283 ~ montagna] cha(m)pagna + a.m. (t) Pr1 R939
4 vestito] vestitj Pr1 va1 ~ sentieri] i finale corr. su o Capp183 ~ coperto] coperti LR2 ~ d’un] di Bo177
5 Odo gli uccei] e gli augelleti vb1 (auçeleti Wo; auzieleti Mc283) e gli augelli vb2 (e de uzieli Vi 539) odo uccelli va (uceli Vc1010 uçelli Ox6 augelli Ox69) odo uccellecti Capp183 ~ sì volentieri] volentieri Bo1 (uolintieri) R939 Capp183 (sì eraso)
6-7=7-6 Bo1 Mc283 6 li accompagna] gia a. R939 la compagna va1 7 animali] gli a. R939
8 S’invescan] Senueschan con la prima e corr. in i Mc1 sinveschi R939 ~ vaghi] lieti C4 ~ mansueti e feri] i mansueti e i fieri C4
9=12 v 9 Ma] Ne va1 ~ per me] p(ri)ma R939 ~ è] a va1 10 Privo del lume di quegli] Prima (con m forse ridotta a v) dellume onde q. Capp183 ~ privo del] priua di R939 ~ privo] priua (con finale corr. in interl.) Pr1 ~ del] dal LR2 ~ di] e de va1 (et) di va2 11 tenean verde in me ’l dolce d.] verde tiene in me ’l dolce d. C4 tenea dolce et uerde el mio d. Capp183 t. verde il mio dolce d. Mc2 tenevan p(er)me ver me dolce d. Pr1 t. verdi me dolcie d. R939 tenea ver di me il d. d. va1 Mc283 (tenia) tenea(n) ver di me il dolce d. Wo vb2(-Mc2, in Mc1 a marg. verde il mio) tenean verde me el dolce d. va2 ~ ’l dolce d.] l’alto d. Bo177 ~ tenean] ten(n)e LR2 12=13 v 12 E] Ma C4 LR2 Pr1
13 membrando…capelli] rimembrando iluiso e doro i capegli R939 m. il viso e suoi biondi c. C4 mirando il viso et gli occhi e doro c. Capp183 ~ membrando] mirando va1 ~ ᾿l viso e gli atti] il viso dolce Bo177 il viso gli atti Bo1 Mc1 Mc2 ~ e i d’or c.] et lor c. va1 e dor c. va2 vb (doro Mc283) Capp183 LR2 Pr1 R139
14 m’] agg. in interl. Capp183 mi con i agg. in interl. R939 ~ e ’l] il va2 Bo1