ES16

   Alma gentile in cui misse Natura

un divino sprendoreuna tal luce

che qualunche mortal vi si conduce

muove ad amar la tua gentil figura,


   non mai vista aquilea micante e pura

pur vederti non puòtanto riluce

el tuo santo ochioche 'nn alto produce

el suo splendor e ffa mie vista oscura.


   PeròSignorle tuo sante popille

rivolta a chi t'à dato l'alma e 'l core

et fallo alquanto degno di tuo grazia:


   se vuoi ch'e giorni e ll'ore sien tranquille

oh vero lume mioduce et signore,

voglia far del tuo 'mor mie voglia sazia.


Testimoni:
Ad4, f. 258r-v: Sonetto fatto p(er) mess(er) franc(esc)o p(etrarc)a n° 220

Bibliografia: Pasquini, Codice Scarlatti, pp. 513-514.

Schema metrico: sonetto ABBA ABBA CDE CDE.

Entro un dettato complessivamente limpido, unicamente la lezione tràdita per il v. 7 Nonmaj⸱ ujsta⸱ aqujlea⸱ mje chantta⸱ apura presenta qualche difficoltà, già probabilmente per il copista, dato che la sostituzione di per a un originario pur (v. 6) potrebbe costituire un volontario aggiustamento sintattico. Si propone di interpretare vista come sogg. del periodo, dando ad aquilèo (prosodicamente erroneo oltreché anacronistico sarebbe lo sdrucciolo dannunziano registrato dal GDLI «d’un fremito aquìleo nube») valore d’aggettivo, in accordo con una modalità di coniazione per suffissazione ben documentata per gli zoonimi, come nel caso di lincèo, feniceo, araneo (cfr. le rispettive voci del TLIO). La proposta, che nei repertorî conterebbe su scarne occorrenze, dispone di una considerevole gamma di attestazioni proprio in testi lirici quattrocenteschi, cfr. Mariotto Davanzati, Io vidi in mezzo di vermiglio e bianco, v. 6 «mirabil sì che ’n vista verrie manco | ciascuno occhio aquileo […]» (Lirici toscani, I, p. 434); Filippo Lapaccini, Armeggeria, v. 25 «Ed eran sì fulgenti i suo bei rai | ch’ogni vista aquilea restere’ vinta» (Lirici toscani, II, p. 2), Feo Belcari, Rappresentazione d’uno miracolo del corpo di Cristo, VIII, 6 «Hanno lo ’ngegno magno e pellegrino | colla vista aquilea micante e pura» (Newbigin, Dieci sacre rappresentazioni, p. 76); quest’ultima è imitata da un sonetto missivo allo stesso Belcari opera di Antonio di Guido, Frondosa testa, in cui misse natura, v. 8 «[…] e tu puoi gloriarte | de tal vista aquilea, micante e pura» (Lirici toscani, I, p. 215). Sembra evidente che Alma gentile in cui misse Natura costituisca una parziale riscrittura di questo testo di Antonio (altro contatto letterale tra i due testi si registra al v. 1 «in cui misse natura»), e la concordanza permette d’altronde di restaurare l’unico guasto, riconoscendo in mje chantta⸱ apura l’originario micante e pura, assicurando peraltro la parossitonia dell’agg. aquilèo (lo sdrucciolo darebbe accento in 5a sede). Se la lezione è pacifica, la questione della genesi del testo ha un impatto che esula da quello dell’attribuibilità al Petrarca. Una simile riscrittura nel cod. Ad4, infatti, si sarebbe tradizionalmente potuta ascrivere alla pratica dello Scarlatti rifacitore di testi altrui, ma non pare ammissibile postulare che l’autore, copiando un componimento proprio del quale evidentemente non comprende la lezione, si sforzi di mantenersi fedele al suo antigrafo, al massimo cercando di rabberciarne la sintassi (v. 6 pur > per), non intervenendo invece dove il testo non dà senso. Altri deve dunque essere stato a rimaneggiare il sonetto di Antonio di Guido. Vista la fedeltà del copista al dettato originario è probabile, inoltre, che l’attribuzione fosse già presente nella fonte e dal trascrittore considerata attendibile. Il caso singolo suggerisce insomma un riesame del dossier su Filippo Scarlatti rimaneggiatore.
Parte del notevole novero di unica afferente al corpus delle «disperse» nel codice dello Scarlatti, il sonetto costituisce con quello del Burchiello che lo segue (Quem queritis vel vellere in toto), l’eccentrica giuntura di una serie altrimenti composta da metri lunghi; i due sonetti sono infatti preceduti da due cantari del Bel Gherardino e da quello di Lucrezia e Collatino, e seguiti da un capitolo ternario (Lamento di Costantinopoli). Come per tutte le disperse presenti in questo codice, sfugge la ratio ordinante della selezione.
5 micante e pura] mie canta apura
6 pur] per