ES50

   Quei dolci crespi e 'nanellati d'oro

ov'io legato so in ogni capello,

la bella bocae' bianchi denti e 'l ceglio

ch'adornan quelle stelle ov'io dimoro,


   e 'l parlar dolce suoper mio ristoro

provide Dioe 'l Ciel vertude meglio,

che dallo Empireo mai un tanto bello

angel discese dal celeste coro,


   ed à tolto ad Amor l'arco e li strali.

Questa à tolto ad Appollo il suo bel lume,

ché vince il sol co•lo splendor del viso.


   Quest'è riposo e pace di mie mali,

quest'è sola intrar un paradiso,

ch'adorna il mondo d'ogni bel costume.


Testimoni:
Ox66, f. 16va

Bibliografia: Berisso, Adespoti, p. 186.

Schema metrico: Sonetto ABBA ABBA CDE CED

È il più limpido dei sonetti tràditi da Ox66, sia dal punto di vista della lezione che da quello del senso. Se si eccettua la minima integrazione al v. 3, infatti, non è necessario alcun altro intervento: è infatti più che probabile che l’alternanza delle uscite in rima in sede B (-ello/-eglio), foneticamente irriducibile, sia originaria. Questa licenza metrica, unita a qualche traccia linguistica (ceglio in rima con meglio, appunto, ma anche so al v. 2, insostituibile pena l’ipermetria) che rinvia fuori Toscana (verso l’Umbria?), sconsigliano l’attribuzione a Petrarca, a cui pure rinviano alcuni spunti tematici e lessicali, soprattutto nelle terzine (ad es. la dittologia «riposo e pace» del v. 12, che ricorda quella «lume e riposo» di RVF 327 3 o il sintagma «bel costume» in rima anche a RVF 105 66).
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